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L’Amore, no ’il suo quasi’

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            L'Amore, no " il suo quasi "

 

Per un solo approdo
al richiamo primario
un furtivo arrampicarsi
sulle nuvole.
Il turchino all'orizzonte
una labile traccia
talvolta
solo una vampata acerba
remota
oltre la purga del cielo.

Tutti i santi giorni
l'amore, no " il suo quasi "
da profonde distanze
guerreggia
per confermare sé stesso
oscillante
nei ripetuti desideri
pensose minuzie
oscuri malintesi
nel respiro imprevedibile
di un'errante chimera.


IoleChessaOlivares.

 

 Marisa Madonini - 29/07/2017 23:56:00 [ leggi altri commenti di Marisa Madonini » ]

Il suo commento, quasi esegetico nella lucida analisi pur lasciando intravedere una toccante lettura personale, aiuta ad apprezzare ancora meglio questa poesia condivisa

 Fausta Genziana Le Piane - 31/05/2017 17:51:00 [ leggi altri commenti di Fausta Genziana Le Piane » ]

Quale può essere lo scarto tra l’amore sognato e quello reale, vissuto? Quanto può essere profondo questo divario che crea lancinanti ferite? Quanto ci si arrampica a quell’antico impulso primario? E quanto, a distanza di tempo, rimane? Domande che ci facciamo tutti i santi giorni, cercando di essere fedeli all’antica promessa (nuvole, richiamo primario, chimera, turchino, orizzonte) quando poco o nulla rimane. Anche il celebre cantante belga Jacques Brel in La Chanson des vieux amants (La canzone dei vecchi amanti) ha saputo parlare con accento struggente dei segni che il trascorrere del tempo lascia su vent’anni d’amore, amore folle. Il cantautore fa un bilancio: ci sono state tempeste…mille volte hai preso i tuoi bagagli / mille volte ho preso il mio volo… avevi perduto il gusto dell’acqua / e io quello della conquista….e parla anche lui di guerra, ma di tenera guerra fino a dire nel bellissimo refrain supportato da una profonda dolcezza musicale: Ma amore mio / mio dolce mio tenero mio meraviglioso more / dall’alba chiara fino alla fine del giorno / io ti amo ancora, tu sai che ti amo.
E’ una lotta quotidiana quella di mantenere viva la primaria fiamma, un incessante guerreggiare: nel pacato dire di Iole questo forte verbo colpisce: indica una perenne lotta, un duellare di battaglia dove non si sta in pace. Certo, la ripetitività del vivere fatta di pensose minuzie e oscuri malintesi non aiuta. Ma, nell’accento della Poetessa, non c’ è nessun urlo, nessuna recriminazione: tutto placa e mitiga la poesia. C’è la consapevolezza che anche quel quasi amore va vissuto fino in fondo.
Fausta Genziana Le Piane

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